Maurizio Montanari

 

FRAMMENTI DI “ APEIRON”

I “ quadri-sculture” di Maurizio Montanari sono opere costrette in un contorno e su una superficie ma colore e materia escono come per avvolgere l'osservatore e continuano su più dimensioni fisicamente e nelle nostre menti. Le grandi misure delle tele sembrano infatti non bastare per contenere la portata di tale contemplazione della Natura.
“Apeiron” è un termine greco che significa letteralmente “non limite”. Secondo il filosofo Anassimandro l' Apeiron è una materia infinita, eterna, indistruttibile ed in continuo movimento e proprio grazie al suo movimento rotatorio “ le cose presero a separarsi a coppie di contrari dando origine al cosmo: così dall' Apeiron uscirono luce e tenebre, notte e giorno, vita e morte...”.
Così in queste opere la forza ordinatrice dell'artista plasma la materia e rende vive e solide le visioni di paesaggi reali animati in opposizioni: Africa e Antartide, Europa e Amazzonia.
Nel dipinto “Africa” rosso e oro e sfumature di ocra sono distesi a fasce orizzontali ad evocare altopiani della savana e deserti sabbiosi in cui l'immanenza del sole brucia la terra e talvolta crea riflessi di luce ingannevoli da sembrare acqua tra le dune. A questo calore si oppone il blu avvolgente del cielo notturno africano che rimanda all'opposto paesaggio “Antartide”. In esso invece una notte quasi perenne avvolge un deserto di ghiaccio interrotto da una onirica aurora boreale. L' elemento luminoso in questo “oceano” di sfumature di blu è il gioco simbolico della circolarità dei movimenti lunari reso applicando sfere tridimensionali in sequenza.
L'artista poi ci trasporta in una visione di un' “Europa” pura e incontaminata: prati erbosi e distese di specie differenti di fiori simbolicamente rimandano ai territori che la compongono. Un certo romanticismo pervade i colori sapientemente sfumati in toni delicati ma decisi di verdi, gialli, viola e rossi, e le sovrapposizioni di materia giocano con la luce naturale che crea effetti di ombre
mutevoli come nei reali campi alla brezza del vento. Questa delicatezza si oppone alla forza selvaggia e misteriosa di “Amazzonia”. In essa colori intensi di verdi smeraldo e rossi e gialli cangianti sono mescolati alla materia in movimenti vorticosi circolari e verticali che evocano le fronde ed il labirintico intrigo vegetale delle foreste del Sud America abitato dai caratteristici pappagalli multicolore.
L'ultimo di questi frammenti di mondo è “Tibet”. Costruito come una scenografia su più piani prospettici e di narrazione sembra essere nell' esplosione di luce centrale il luogo ancestrale delle origini della vita, sintesi degli elementi primordiali. La profondità della prospettiva invita ad entrare ma la composizione materica in primo piano con elementi rosso fuoco rimanda idealmente ad un ostacolo: quasi l'Oriente fosse un luogo mitico, un giardino dell'Eden, difficile da raggiungere.
Tutti questi dipinti avvolgono l'osservatore in un turbinio di colori, forme, ma anche suoni e profumi di questi Paesi poiché la materia così lavorata sembra aver preso vita e invitare a raccogliere un fiore, ad accarezzare la neve, a prendere una manciata di sabbia bollente, ad ascoltare le voci della natura.
È un omaggio alla nostra Madre Terra e al legame ancestrale dell'uomo con essa che l'artista forse ci invita a ritrovare.

Annalisa Mombelli


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Come molte altre figure della nostra pittura italiana, le nebbie della pianura del grande fiume, insieme ai colori accesi delle estati assolate tra i pioppeti e gli argini del Po, gli hanno dato natali e creato l'ambiente nel quale immergere i propri pennelli.
Brescello e le sue storie, di acqua e di nebbie, di risate e di umori sanguigni, lo accompagnano fino a quando, allievo a Parma del maestro Claudio Spattini, evidenzia la propria indole popolare e figurativa.
Da questa inclinazione inizia il suo cammino di ricerca personale, che dopo la sua prima esposizione nel 1974 (Galleria “La Rosa” - Parma), lo vede quasi ossessivamente concentrato nello studio e nell'acquisizione dei materiali e delle tecniche; il suo percorso ostinato lo vede fare proprie le modalità più varie: va dalla paesaggistica all'astrattismo, dal divisionismo al neo fauve.

Oggi, maturato interiormente e tecnicamente, dopo ben 40 anni di duro cammino, il suo astrattismo iper materialista sembra essere il riscoprire le proprie origini, fatte di equilibrio e serenità, di colori modulati ma densi, che avvolgono e ci riempiono le narici e gli occhi, come le nebbie della nostra Bassa al tramonto.

F.Moisè
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Stili diversi ma comune passione per il colore
Gazzetta di Parma NOVEMBRE 2012

Sono davvero «Pennelli diversi» quelli di Maurizio Montanari e di Giovanni Gherardi (Giogher), in mostra alla Galleria S. Andrea fino all’8 novembre. Il primo, tra il figurativo e l’informale, si spinge nelle opere più nuove in un’astrazione tridimensionale dove l’impasto cromatico costruisce ed evoca atmosfere di paesi lontani. Nonostante la seduzione variopinta dei quadri «Amazzonia» ed «Europa», la forza espressiva e comunicativa di questa pittura è più efficace in «Tibet» con il sole irradiante una luce corposa di colori che ricorda l’omologo dipinto di Munch e soprattutto in«Africa» dove riesce con semplici strisce di tonalità calde e vibranti a trasmettere le sensazioni di questa terra. E’ ovunque risalto di vita, anche nella luce che si fa corporea, densa, carica di sfumature. Analoga vivacità e padronanza del colore in calibrata orchestrazione con le forme si trova in Gherardi. Metà galleria è dedicata alle sue piccole opere dai soggetti semplici, ma di raffinata stesura. Nelle rigorose linee geometriche e nella precisione delle figure, ricordano le illustrazioni di Attilio Cassinelli, famoso soprattutto per il suo Pinocchio (ed. Marzocco, 1981), mentre le cornici, sorta di continuum del quadro, rimandano a Depero e a Ugo Nespolo. Sono composizioni di sorprendente freschezza, dove alla combinazione precisa di un caleidoscopio ordinatissimo si sovrappongono volti, animali, momenti talvolta ironici, talvolta poetici, ma sempre esiti di profonda riflessione e saggezza. Non illustrano però fiabe, ma una morale e la speranza che ne deriva. Due pennelli diversi dunque per stile (materico e quasi informale Montanari, piatto e geometrico Gherardi), per generazione, ma che in comune hanno l’amore per il colore e un’esuberante vitalità.

Manuela Bartolotti

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